Aut Aut Edizioni
La “Merica” un’epopea raccontata in siculish
Data di pubblicazione: 10/04/2017 | 0 Commenti

Il viaggio e il coraggio di una donna nel 1890 che cerca indipendenza senza perdere le sue radici

Così mezza lana restava a Palermo e mezza arrivava a Novaiorca. Non era solo un filo che si rompeva, era una scena impressionante, piena di tanto amore e nostalgia. Il filo della partenza alcuni lo conservavano a casa, altri lo mandavano con la prima lettera di avviso che si era arrivati alla Merica

Così racconta Zia Favola, protagonista dell’omonimo esordio narrativo edito dalla neonata casa editrice Aut Aut Edizioni: “Zia Favola. Una storia siculish” di Cono Cinquemani.
In questa storia, concepita prima come spettacolo teatrale e poi come romanzo, la migrazione dei siciliani verso il sogno americano all’inizio del Novecento è come il filo della partenza, un filo che si spezza, si conserva e diventa feticcio totemico intorno al quale riavvolgere il filo della memoria.

L’autore è un giovane assistente di volo, originario di San Cono, con la passione per il teatro, per la dialettologia e il siculish, la lingua adattiva che mescola siciliano e inglese parlata dai migranti negli Usa. Uno slang che ha precedenti letterari nel racconto di Sciascia “La zia di Sicilia”, ma anche ne “Gli americani di Rabbato” di Luigi Capuana e “La spartenza” di Tommaso Bordonaro oltre che nelle poesie e nelle canzoni dell’epoca.
Zia Favola è soprattutto una lingua, eccessiva, goffa, ma piena di visioni e speranze. Più di uno slang, il siculish è il tentativo di far trasmigrare suoni antichissimi e vecchie tradizioni nel Nuovo Mondo, una determinata ricerca di identità.

 

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  • Data di pubblicazione: 09/04/2017
  • Testata: La Repubblica-Palermo
  • Autore dell’articolo: Eleonora Lombardo
  • Illustrazione di Gianni Allegra

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