Ariane, Merveille, Ludovic, sono loro i concasseurs, i bambini spaccapietre.
Oggi la schiavitù ha i volti di questi bambini, costretti a spaccare pietre per dieci ore al giorno, nella zona collinare di Dassa, in Benin. In questo reportage Felicia Buonomo ha testimoniato, con un accurato lavoro sul campo, lo sfruttamento minorile nell’industria edilizia, settore in cui la Cina è diventata il primo partner commerciale e primo investitore di questo paese dell’Africa occidentale.
Ariane, Merveille, Ludovic, sono loro i concasseurs, i bambini spaccapietre.
Oggi la schiavitù ha i volti di questi bambini, costretti a spaccare pietre per dieci ore al giorno, nella zona collinare di Dassa, in Benin. In questo reportage Felicia Buonomo ha testimoniato, con un accurato lavoro sul campo, lo sfruttamento minorile nell’industria edilizia, settore in cui la Cina è diventata il primo partner commerciale e primo investitore di questo paese dell’Africa occidentale.
In che modo un’associazione che ha fatto del silenzio il suo carattere distintivo ha dato luogo a un sistema di comunicazione riconoscibile come tale?
L’obiettivo è quello di analizzare il linguaggio usato dalla mafia in maniera organica, cercando di offrire una prima panoramica dei capisaldi del suo apparato comunicativo. Pizzini, lettere di scrocco, intercettazioni, testimonianze e silenzi sono gli elementi che ne costituiscono l’impianto comunicativo, in costante oscillazione fra una comunicazione interna e una comunicazione esterna, due facce distinte ma complementari.
In che modo un’associazione che ha fatto del silenzio il suo carattere distintivo ha dato luogo a un sistema di comunicazione riconoscibile come tale?
L’obiettivo è quello di analizzare il linguaggio usato dalla mafia in maniera organica, cercando di offrire una prima panoramica dei capisaldi del suo apparato comunicativo.
Scritto con un’incredibile umanità Il maestro di Gaza ripercorre le vicende del popolo palestinese attraverso i racconti di Ramy Balawi, dando al lettore la possibilità di calarsi in una storia di “ordinaria” vita palestinese. Dalle parole del maestro gazawi, sapientemente raccolte da Alessandra Ravizza, apprendiamo cosa vuol dire vivere in un paese in guerra da anni, e su come ciò influenzi ogni aspetto della vita dei gazawi, anche quelli più quotidiani come andare a scuola.
Rami Balawi insegnate di storia e giornalista palestinese, scrive per «TPI», «La Repubblica» e «L’Indro». Attualmente risiede negli Stati Uniti, dove si sta specializzando in giornalismo.
Alessandra Ravizza, arabista, autrice e cantante genovese, porta avanti un percorso di ricerca legato al canto e alle lingue. Vincitrice del premio MultiKulti di Amnesty International come miglior progetto musicale interculturale italiano dell’anno 2007/2008 e cofondatrice del progetto Rebis.
Un comune filo rosso scorre tra queste pagine in cui si scrive di bullismo, di emarginazione, di fragilità, ed è la funzione della parola e della sua carica eversiva. Le storie qui raccontate sono storie minime, comuni che, però, racchiudono una inequivocabile ordinaria resistenza. Le storie di Karima, di Matteo, di Euthalia, di Susanna, di Luca, ci dicono che può esserci un’alternativa, che la scuola può continuare a essere un luogo sicuro dove crescere e istruirsi.
Un comune filo rosso scorre tra queste pagine in cui si scrive di bullismo, di emarginazione, di fragilità, ed è la funzione della parola e della sua carica eversiva. Le storie qui raccontate sono storie minime, comuni che, però, racchiudono una inequivocabile ordinaria resistenza. Le storie di Karima, di Matteo, di Euthalia, di Susanna, di Luca, ci dicono che può esserci un’alternativa, che la scuola può continuare a essere un luogo sicuro dove crescere e istruirsi.
PRE-ORDINE (DISPONIBILE DAL 14 AGOSTO)
Altin, Arber, Ariana, Artan, Egli, Heldi, Ingrid, Emrie, Leonora, Saimir, Sabina: sono queste le voci dei protagonisti di storie che si sviluppano e si addensano, sfuggendo ai cliché e alla retorica intrisa di diffidenza e timore che Ilaria Blangetti, giornalista con grande esperienza di Balcani, raccoglie e assembla senza aggiungere commenti, analisi o trarre conclusioni. La scelta di Ilaria Blangetti è quella di non concentrarsi sull’eccezionalità, sull’esempio virtuoso o sulla vicenda eroica, ma di dare spazio alla normalità, fatta, come per tutti, di chiaroscuri, di cadute e riprese, di esitazioni e coraggio, di sconfitte e riscatto. Lo scopo di questo libro non è di ripercorrere i fatti storici, esaminarli e documentarli, ma è quello di ricordare come dietro a ogni numero, a ogni singola e fredda statistica, ci siano persone. I fatti sono lo spunto per incontrare le storie di alcuni degli albanesi che nei decenni scorsi sono arrivati in Italia in cerca di lavoro, per ricongiungere la famiglia o per migliorare la propria condizione. di lavoro, per ricongiungere la famiglia o per migliorare la propria condizione.
Altin, Arber, Ariana, Artan, Egli, Heldi, Ingrid, Emrie, Leonora, Saimir, Sabina: sono queste le voci dei protagonisti di storie che si sviluppano e si addensano, sfuggendo ai cliché e alla retorica intrisa di diffidenza e timore che Ilaria Blangetti, giornalista con grande esperienza di Balcani, raccoglie e assembla senza aggiungere commenti, analisi o trarre conclusioni. La scelta di Ilaria Blangetti è quella di non concentrarsi sull’eccezionalità, sull’esempio virtuoso o sulla vicenda eroica, ma di dare spazio alla normalità, fatta, come per tutti, di
chiaroscuri, di cadute e riprese, di esitazioni e coraggio, di sconfitte e riscatto. Lo scopo di questo libro non è di ripercorrere i fatti storici, esaminarli e documentarli, ma è quello di ricordare come dietro a ogni numero, a ogni singola e fredda statistica, ci siano persone. I fatti sono lo spunto per incontrare le storie di alcuni degli albanesi che nei decenni scorsi sono arrivati in Italia in cerca di lavoro, per ricongiungere la famiglia o per migliorare la propria condizione. di lavoro, per ricongiungere la famiglia o per migliorare la propria condizione.
PRE-ORDINE (DISPONIBILE DAL 18 LUGLIO)
L’abilismo appartiene alla stessa famiglia di sessismo, omobitransfobia, razzismo, grassofobia e di tutte le altre oppressioni sistemiche. È un’oppressione sistemica perché può presentarsi in tutti gli ambiti della società, a livello individuale, sociale e istituzionale. Questo che vi proponiamo è il primo libro pubblicato in Italia che tratta il tema dell’abilismo ed è il risultato di anni di letture, riflessioni, esperienze e scambi.
Elena e Maria Chiara Paolini sono due sorelle che curano un blog che si chiama Witty Wheels, dove si occupano di disabilità in chiave femminista.
Qui vogliono parlare di abilismo per decostruirlo, analizzarlo, spiegarlo, e mostrarlo per quello che è: qualcosa in cui siamo tutti immersi e che ci nuoce.
L’abilismo appartiene alla stessa famiglia di sessismo, omobitransfobia, razzismo, grassofobia e di tutte le altre oppressioni sistemiche. È un’oppressione sistemica perché può presentarsi in tutti gli ambiti della società, a livello individuale, sociale e istituzionale.
Questo che vi proponiamo è il primo libro pubblicato in Italia che tratta il tema dell’abilismo ed è il risultato di anni di letture, riflessioni, esperienze e scambi.
Elena e Maria Chiara Paolini sono due sorelle che curano un blog che si chiama Witty Wheels, dove si occupano di disabilità in chiave femminista.
Qui vogliono parlare di abilismo per decostruirlo, analizzarlo, spiegarlo, e mostrarlo per quello che è: qualcosa in cui siamo tutti immersi e che ci nuoce.
PRE-ORDINE (DISPONIBILE DAL 28 NOVEMBRE)
L’opera di Erica Regalin è un tentativo di comprendere il mondo a partire dalla condizione della donna, dissolta nella testimonianza storica e traslucida nella modernità, dilatato nell’attenzione per avvenimenti socio-politici che lasciano vuoti in cui risuonano interrogativi. L’indagine degli archetipi imposti al femminile giunge a un io poetico che sfocia in un rinnovato panismo, radicamento che sporca l’ego di terra, consacrandolo alla collettività.
L’opera di Erica Regalin è un tentativo di comprendere il mondo a partire dalla condizione della donna, dissolta nella testimonianza storica e traslucida nella modernità, dilatato nell’attenzione per avvenimenti socio-politici che lasciano vuoti in cui risuonano interrogativi. L’indagine degli archetipi imposti al femminile giunge a un io poetico che sfocia in un rinnovato panismo, radicamento che sporca l’ego di terra, consacrandolo alla collettività.
Un viaggio a bordo di un autobus a fisarmonica, il 101, che a Palermo annoda pezzi di città e attraversa strade lunghe, tortuose e piene di buche, come quelle del campo rom “della Favorita” in cui si muove Giulia, la protagonista; lo stesso campo che Giulia, l’autrice del libro, ha frequentato per quindici anni e che ha scelto di raccontare, ora che quel luogo non esiste più, facendo di se stessa un personaggio del suo gioco letterario. E il gioco è spesso esilarante e commovente insieme, capace di toccare il lettore a distanza e svelare l’inganno spesso nascosto dietro alcune definizioni, il pregiudizio odioso che deforma la realtà e calpesta la verità.
Un viaggio a bordo di un autobus a fisarmonica, il 101, che a Palermo annoda pezzi di città e attraversa strade lunghe, tortuose e piene di buche, come quelle del campo rom “della Favorita” in cui si muove Giulia, la protagonista; lo stesso campo che Giulia, l’autrice del libro, ha frequentato per quindici anni e che ha scelto di raccontare, ora che quel luogo non esiste più, facendo di se stessa un personaggio del suo gioco letterario. E il gioco è spesso esilarante e commovente insieme, capace di toccare il lettore a distanza e svelare l’inganno spesso nascosto dietro alcune definizioni, il pregiudizio odioso che deforma la realtà e calpesta la verità.
PRE-ORDINE (DISPONIBILE DAL 24 SETTEMBRE)
L’emergenza è il suo regno: dove c’è un problema da risolvere, lui è presente. È la persona giusta al posto giusto. In ogni tragedia italiana c’è sempre uno spazio per lui.
Negli ultimi vent’anni, Guido Bertolaso ha incrociato tutti i disastri italiani: San Giuliano di Puglia nel 2002, Cavallerizzo di Cerzeto nel 2005, L’Aquila nel 2009, il terremoto del Centro Italia e infine il Covid.
Sono tutte vicende che Mario Di Vito ci racconta in questo libro, mescolando elementi d’inchiesta e di reportage, componendo cronache dalle più remote province italiane. È il ritratto del nostro Paese quello che, in filigrana, si vede attraverso queste storie. Storie che abbiamo scritto, letto e, forse, dimenticato.
L’emergenza è il suo regno: dove c’è un problema da risolvere, lui è presente. È la persona giusta al posto giusto. In ogni tragedia italiana c’è sempre uno spazio per lui.
Negli ultimi vent’anni, Guido Bertolaso ha incrociato tutti i disastri italiani: San Giuliano di Puglia nel 2002, Cavallerizzo di Cerzeto nel 2005, L’Aquila nel 2009, il terremoto del Centro Italia e infine il Covid.
Sono tutte vicende che Mario Di Vito ci racconta in questo libro, mescolando elementi d’inchiesta e di reportage, componendo cronache dalle più remote province italiane. È il ritratto del nostro Paese quello che, in filigrana, si vede attraverso queste storie. Storie che abbiamo scritto, letto e, forse, dimenticato.
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